«Da dove viene – dico – questo potere strappato ai fati, che ci fa andare ovunque ci conduce la nostra volontà e, come gli atomi, ci permette di cambiare direzione, senza essere determinati né dal tempo né dal luogo, ma secondo il piacimento del nostro spirito? […] non avviene nulla di simile quando siamo spinti…
Nell’ampio e prezioso lascito di Leopardi all’umanità, le Operette Morali rappresentano un diamante affilatissimo, che con grande eleganza e precisione sviscera gli aspetti salienti di un’umanità troppo umana. L’alta sensibilità dell’autore mette in risalto quelle che sono le inclinazioni viziose e meschine delle società di ogni tempo. Per questo, rileggere le Operette, tra sarcasmo, spietatezza…
In queste notti di luna bassa le persone di temperamento instabile si davano a far stranezze. Non mancava mai il sonnambulo che cammina sui cornicioni d’un grattacielo con le braccia protese verso la Luna, o il licantropo che si metteva a ululare in mezzo a Times Square, o il piromane che appiccava incendi ai depositi…
Protagonista della seconda intervista impossibile è il nostro caro Capitano Nemo.
B: Caro Capitano, grazie per aver accettato di partecipare a questa breve conversazione, noi della Biblioteca di Nemo ti conosciamo da tempo ormai e custodiamo con cura i tuoi libri, ma, in questa occasione, ci piacerebbe scoprire qualcosa che ti riguarda più da vicino. Qualcosa che riguarda la tua scelta. Capitano, perché un giorno scegliesti il mare? Perché hai scelto di estrometterti dai casi terrestri?
N: È noto quanto sia grande il mio amore verso il mare, l’immenso continente acqueo al quale tutti noi apparteniamo. Voglio dirti meglio che amo tutto il pianeta Terra, amo tutto ciò che vive e le sue creature, ma quello che continuo tutt’oggi a detestare sono le società ingiuste degli uomini. Decisi un giorno di abbandonare la terraferma solo perché disprezzavo le leggi inique dei tiranni che vi abitano. Da quando ho compreso che non vi erano schieramenti giusti, e che in ogni modo gli oppressori giocavano con le vite degli uomini, ho deciso di non appartenere più alla terraferma. Nel mare cessa la loro legge, nel mare si può dare ascolto a se stessi. La nostalgia di alcune foreste mi prende ogni tanto, ma preferisco ricordarle nel loro splendore, che vederle oggi deturpate e inaridite.
B: Caro capitano, la nostra Terra è gravemente ammalata, abbiamo inquinato oltremodo questo pianeta. Ti chiedo, perché secondo te gli esseri umani hanno perso la connessione con la loro Madre Terra? Perché non riescono più a provare il sentimento che li lega alla loro grande casa. Come risanare questa ferita così profonda?
N: La ferita è prima di tutto un’assenza interiore, l’assenza di connessione. La Terra è letteralmente il prolungamento del corpo degli uomini. Un veicolo nel veicolo, come il mio Nautilus per il mare. Anche gli antichi concepivano i mondi nei mondi, e avevano compreso cosa significasse questo specchiarsi di forme. Con questo voglio dire che è fondamentale accorgersi. Accorgersi che questa realtà è una rete sottile di connessioni, che ogni piccola particella ha il suo ruolo, che ogni granello di sabbia contribuisce a tenere insieme l’equilibrio di un intero ecosistema. L’interconnessione di ogni elemento garantisce la sopravvivenza. La vita è uno scambio continuo. Io non so se molti di voi se ne accorgono, ma di sicuro delegano e lasciano fare, e finiscono per compromettersi senza accorgersene.
B: Scusa se insisto, ma voglio capire meglio. Cosa significa in termini psichici scegliere la via del mare? È curioso che oggi la rivoluzione coscienziale possa realizzarsi attraversando il mare – il grande grembo – l’elemento femminile primordiale. Perché è importante riscoprire questa dimensione?
N: Il mare che intendo è prima di tutto uno stato mentale. Nel momento stesso in cui l’immagine del mare entra nella nostra mente ci sentiamo più leggeri, sciogliamo tutti i nodi che ci costringono. L’acqua invade i pensieri pesanti, avvolge le vette del nostro essere e le trasforma in piccole isole. Ecco allora che il nostro sguardo carpisce l’essenziale. Quelle minuscole porzioni emerse sono i luoghi da cui ripartire. Con questo voglio dire che colui che sente la necessità di liberarsi dall’immobilità di se stesso, dovrebbe lasciarsi fluire e sprofondare, per riscoprire che la sua natura è anche e soprattutto acquea. E allora approfondirei quest’elemento dentro e fuori, e chiederei all’acqua di insegnarmi a conoscerla. Indagare le sue vie.
B: Tu conosci bene l’acqua capitano? A cosa serve avere coscienza dell’acqua? Qual è la sua funzione?
N: Serve a comprendere che ci si può rigenerare. Che ci si può riformare. L’acqua ha diverse funzioni, ci purifica e ci ripulisce, ci fa ritornare innocenti. Ci avvolge nel suo abbraccio e sollecita le nostre capacità creative. Insomma, l’acqua ci riporta alle origini, a un mondo non ancora formato. È nel grande grembo primordiale, come poco fa dicevi tu, che ha avuto origine la vita. Un individuo che ha voglia di sperimentare se stesso sceglie il mare per ripulirsi da tutto, da secoli di civiltà e di convinzioni, per ricominciare a formare qualcosa di nuovo.
B: Caro capitano Nemo, è noto il tuo disprezzo verso tutti i tiranni, ma forse è meno noto quanto tu abbia a cuore i più deboli, che tu chiami oppressi. Ti chiedo, in che modo è possibile liberarsi dalle catene come hai fatto tu? Un giorno i tiranni scompariranno dalla terra, come vecchie e scricchiolanti isole, per far posto a una nuova conformazione geografica della nostra psiche. Pensi possa accadere?
N: La geografia psichica è la chiave per comprendere meglio il viaggio. In che modo scompariranno le vecchie isole? Può accadere solo se ogni individuo inizierà davvero a condurre il timone della propria esistenza. Abbiamo parlato dell’elemento acqua, bene, sul mio timone ho inciso quattro simboli, uno per ciascun elemento. Il viaggio non può condurci sempre alla terra, al tangibile, al concreto, all’utile, al prendibile, al materico. È importante dare spazio a tutti gli altri elementi, di cui siamo composti. Il ciclo della vita è … un ciclo appunto, ed è necessario che lo si esperimenti in tutte le sue parti. L’acqua è la via della connessione, dell’emozione, della sensazione, della cura, della purificazione. La mia virata è stata il primo passo verso la rivoluzione della coscienza. Il mio nome è nessun nome perché sono ritornato alle origini. Volevo scoprirmi, e scoprire oltre me stesso tutte le possibilità che questa umanità continua ad avere sotto gli occhi, ma che continua a non seguitare.
B: E ci sei riuscito, Capitano?
N: Beh, questa è una domanda che non andrebbe mai rivolta al personaggio di un romanzo! La letteratura segue vie inconsuete, e non è importante sapere cosa ha scoperto Nemo, è importante invece comprendere cosa vuole scoprire chi ne ha sentito parlare e si è messo sulle sue tracce.
B: Grazie capitano, grazie per la piacevole conversazione. Continueremo a seguirti nelle tue avventure. Così si conclude la seconda intervista impossibile. A presto.
La figura del capitano Nemo è ben radicata nell’immaginario collettivo, poiché rappresenta una costellazione archetipica fondamentale. Nemo si compone di più aspetti: il giusto, il saggio, l’avventuriero, l’anarchico, il cercatore, l’uomo libero, l’indipendente. Siamo dunque in presenza di un mito che viene da lontano e che ricompare, di tanto in tanto, sotto mentite spoglie. Perché…
Biblionauta: Benvenuti a bordo della Biblioteca di Nemo, oggi diamo inizio al ciclo delle interviste impossibili, eh sì … perché dopo aver a lungo viaggiato e incontrato personaggi davvero illustri, tra cui poeti, scienziate, alchimisti, romanziere, avventurieri e cercatori, abbiamo deciso di intervistarne qualcuno. Il primo, anzi la prima che abbiamo il piacere di proporvi è letteralmente un personaggio mitico, una figura di abissale importanza: Persefone regina dell’Ade. Certo, non è stato semplice riuscire a contattarla. I numerosi indirizzi posta che abbiamo trovato in rete erano falsi, ma un bel giorno qui in redazione è arrivata una missiva della figlia di Demetra in persona che accettava la nostra proposta.
Tutti noi conosciamo il mito di Persefone, narrato da
diversi autori e rivisitato in forme nuove, ma… ecco, credo che non avrò tempo
per la breve presentazione perché vedo che la Dea è già online, non facciamola
aspettare:
Persefone mi senti? … eh non la sento, certo la linea wi-fi nell’Ade sarà molto debole. Persefone!
Persefone: Sì, ti sento e ti vedo da tempo ormai, i nostri canali di connessione quaggiù sono molto diversi dai vostri. Ma molto più efficaci.
B: Salve cara Dea, è un onore poterti vedere e sentire, sono davvero emozionata di ascoltare la tua voce.
P: È una voce che arriva da luoghi cavernosi, ma ti prego di dirmi cosa vuoi chiedermi senza dilungarti troppo.
B: Persefone, vado subito al punto, qui da dove ti parlo, le storie mitiche son prese in gran considerazione, c’è un gran parlare di voi, ma mi piacerebbe conoscere il vostro punto di vista. Vorrei chiederti se ti senti compresa oggi, se le tue numerose rappresentazioni ti soddisfano, se hanno trovato il modo di risuonare con il mio mondo, quello da cui adesso ti parlo.
P: Compresa? Dal vostro mondo poi? ti prendi gioco di me? Non esiste alcuna vostra rappresentazione che mi comprenda. Continuate a raccontare la storia della povera fanciulla rapita, e ne avete fatto un emblema di debolezza e condiscendenza. Non conoscete bene l’origine della Madre, né del Signore Invisibile e vorreste comprendere me?
B: Scusami Persefone, vuoi allora raccontarci come è andata davvero?
P: Voi leggete in modo letterale gli eventi. Dovreste avere più familiarità con i ponti, con i passaggi, i passaggi di stato degli elementi, le variazioni di senso. O tutt’al più avere una verve metaforica capace di slanci e sorrisi. Siete così inchiodati, così impietriti. Per esempio mi piacerebbe che mi vedeste sotto una luce diversa. Una scintilla nel calderone degli inizi. Infatti all’inizio io ero solo Kore, una fanciulla senza nome. E questa condizione in fondo mi rendo conto sia necessaria. Ma poi sono diventata Persefone. E di lei ancora oggi nel vostro mondo nessuno ha raccontato una storia che mi piaccia, o forse sì (nessuno l’ha letta), ma non ne sono sicura.
B: Cara dea, qui nel mio mondo avere a che fare con i miti è sempre un capogiro, un esperimento meraviglioso, ma problematico: voglio dire, il vostro linguaggio, le vostre storie, le stranezze, le metamorfosi, i cambi di scena, insomma le storie mitiche non sono così facili da capire per noi. Ce ne sentiamo attratti in modo inspiegabile ma poi, le riduciamo, le semplifichiamo, diamo loro un’interpretazione per tenerle a bada. E c’è pure chi ne ha fatto una psicologia!
P: È così. Voi pensate di capirli con le vostre piccole menti razionali, ma non ci riuscirete mai, anzi farete di peggio, li inquinerete con i costumi del vostro tempo, ma noi siamo oltre il Tempo. Ma dimmi un po’ cos’è questa psicologia? Esiste anche una persefonologia?
B: Eh no, ma ci si può pensare (sorride).
P: E di cosa parla questa scienza? Racconta forse di quando Psiche, quell’incantevole fanciulla, venne qui da me?
B: No, non esattamente. Noi intendiamo la Psiche come qualcosa che ci appartiene ma che non riusciamo ancora a comprendere bene. C’è chi pensa che stia in testa, processi mentali, neuronali; chi in cuore, emozioni; chi nel corpo, le pulsioni, e addirittura c’è chi pensa che la maggior parte sia fuori dal corpo! Insomma siamo ancora un po’ confusi.
P: Me ne rallegro! … soprattutto perché adesso siete davvero in tanti a parlarne! Vedi, io e il mio sposo Ade guardiamo spesso le vostre serie tv, e abbiamo fatto una scommessa su di voi.
B: Davvero? Puoi parlarcene? Sono molto curiosa.
P: Non posso parlartene adesso, è ancora troppo presto. Però prometto che ritornerò qui ancora una volta.
B: D’accordo, la promessa è fatta. Ma se posso permettermi, vorrei farti una domanda più intima, Persefone cosa fai tutto il giorno lì sotto?
P: Ma cara, i giorni qui non esistono qui, io e Ade lavoriamo incessantemente affinché ci siano sempre buone sostanze. Affinché tutto sia rimescolato, arricchito e trasformato.
B: Di quali sostanze parli?
P: Sono quelle che nutrono le radici. Rendiamo fertile il terreno aspettando la stagione nuova.
B: Certo, certo… (punto interrogativo in viso).
P: Un giorno ti racconterò una storia e forse il regno Invisibile sarà finalmente stimato come che ciò che è Visto. Adesso devo proprio andare.
B: Prima che tu vada, ho un’ultima domanda. I fiori, Persefone. La tua figura è sempre associata ai fiori. Raccoglievi fiori sul quel prato quando sei stata rapita, e nell’Ade so che ne coltivi molti, vorrei chiederti, ce ne uno che preferisci?
P: Sì, ma non dirò quale. La mia essenza è legata a queste flebili creature vegetali. Io ne sono una configurazione. Dimenticate spesso che io oltre ad essere Regina suprema dell’Oltretomba, sono anche Regina suprema della Primavera. Grazie alla mia venuta ogni anno si celebra il mistero della vita nel mondo. È così che vi piace narrare il ciclo delle stagioni. Vedete, il fiore è l’ostensione sfavillante della bellezza, il mistero di ogni fiore è il mistero della vita, perché è attraverso la bellezza che la vita genera suoi frutti.
B: Cara dea grazie di cuore. Grazie per aver conversato con noi. Spero di poterti parlare ancora.
P: Verrò. Di sicuro fiorirò. A presto.
Biblionauta: E così si conclude la nostra prima intervista, sono ancora molto emozionata. Vi aspetto numerosi, seguiteci su tutti i canali! A presto!
“Qui la pioggia è assoluta, grandiosa, terrificante. Chiamare una simile pioggia maltempo, sarebbe sproporzionato, come chiamare beltempo il sole a picco, folgorante. Questa pioggia si può chiamare maltempo ma non lo è. È semplicemente tempo, e il tempo è maltempo, e ci ricorda espressamente che il suo elemento è l’acqua che cade. […] E quanta…
“La luce filtra tra le morbide onde della tenda che vibra lentamente al soffio di una piccola brezza, pneuma luminoso ammiccante un nuovo giorno. Il mio sonno è stato breve e pesante, con il corpo abbandonato sugli scritti di matematica di Euclide e di Archimede, e i commenti di Teone, mio padre. Il risveglio è…
“In una tale fluida atmosfera io vivevo si può dire nuotando e sentivo via via smussarmisi gli attriti e io dissolvermi, assorbito in essa. Ma ritrovar me stesso, bastò che mi ritrovassi nel vecchio fiume asciutto. Mi muoveva – era estate – un desiderio d’acqua, religioso, quasi un rito. Mi disponevo, scendendo tra le vigne…
“Egli era vivo, in stato di veglia, e laggiù, isola o continente che fosse, c’era una cosa. Che cosa fosse non sapeva: come i colori dipendono e dall’oggetto da cui sono affetti, dalla luce che vi si riflette, e dall’occhio che li fissa, così la terra più lontana gli appariva vera nel suo occasionale e…