Oscure madri splendenti

Tutto passa attraverso un buco. Anche il tempo della clessidra. Non esiste un verso, il sotto è anche il sopra. Quel triangolo è il vaso che alimenta e crea, quell’altro cresce e si riempie, e poi… di nuovo tutto ruota. Ci siamo dimenticati che il fluire della vita è un sopra capovolto, e che tutto ciò che ci attraversa si trasforma dentro di noi. È questa l’immagine che continua silenziosamente a farmi visita dopo la lettura del bellissimo saggio di Luciana Percovich, Oscure madri splendenti.

Il libro si presenta come un brillante e accurato studio sul sacro femminile, un sentiero costellato da figure mitiche e da storie di antiche civiltà, un percorso che cerca di rimettere in luce la dimensione spirituale originaria, la sapienza, la sophia, un percorso che scava in un passato lontanissimo e che proietta nell’avvenire una coscienza rinnovata, una coscienza che attende di rifiorire in questo mondo ancora radicato nel patriarcato, e ancora restio a procedere verso un’evoluzione più bilanciata e più creativa.

L’autrice svolge un’approfondita indagine che connette più discipline, dall’antropologia all’etnografia, dall’archeologia alla mitologia, la ricerca del sacro femminile prende forma attraverso l’analisi di numerose divinità femminili, si spinge oltre le civiltà antiche e s’estende in più luoghi, toccando tutti i continenti. Ma la prima e la più ardua operazione di scavo, non si riferisce solo al rinvenimento di reperti archeologici, si riferisce innanzi tutto a uno scavo interiore. Si tratta di riuscire a riattivare una memoria sopita, risvegliare una parte di sé attraverso uno sforzo immaginativo molto potente, si tratta di riscoprire un nuovo linguaggio per spogliarsi da quello ordinario, il quale influenza costantemente il nostro modo di concepire il mondo, e che per lungo tempo ha ordinato i nostri desideri. Quello che l’autrice del libro augura ai lettori, prima d’iniziare a immergersi nella lettura, è proprio quello di affidarsi al potere delle immagini e dei simboli, che non hanno mai perso la loro matrice evocativa, e che continuano a dialogare con noi, quindi “è questo il lavoro di immaginazione che occorre fare leggendo libri come questo, in cui si raccontano storie, simboli, istituzioni sociali e sacre che, se pure possiamo raccontarle nel nostro lessico attuale, tuttavia corrispondevano a un mondo segnico e reale completamente o in gran parte diverso, ed esercitavano funzioni che ora ci sembrano sfuggenti o inverosimili, perché scivolate via dal senso comune condiviso: insomma, un mondo che era il nostro ma era contemporaneamente altro.”

Il lettore ha a disposizione diverse linee guida per approcciarsi al tema, ma quello che rimane basilare per cogliere il cuore della questione è una reinterpretazione dei concetti essenziali che gravitano sulla nostra idea di individuo e di mondo. L’autrice si sofferma innanzitutto su cosa intendiamo quando parliamo di sacro e di divino, due aspetti che non sono interscambiabili, capirne il senso ci avvicina a quello che è accaduto, al capovolgimento che si è operato. La prima domanda messa in evidenza, il primo scorcio al di là del consueto atteggiamento è “come è potuta nascere l’idea che solo un’unica divinità maschile abbia creato l’universo e tutto ciò che in esso è contenuto, forgiando dal fango – dalla polvere inerte – un uomo a sua immagine e somiglianza?” Cosa è accaduto? La cultura in cui siamo immersi non lascia trasparire alcun richiamo a quella dimensione, perché il nostro spazio interiore continua ad essere dominato da una concezione religiosa che si è disconnessa dal sacro. Scoprire questo passaggio è un buon punto di partenza per riappropriarsi di una visione più ampia.  “Da quel momento la verità evidente che la vita si crea nel femminile delle specie, che nasciamo da donne, nelle religioni si comincia a raccontarla rovesciata e rimossa. Le religioni storiche nascono nel e dal momento del capovolgimento e della rimozione del luogo di origine. Queste religioni distinte dalle precedenti concezioni e pratiche del sacro, promuovono un diverso atteggiamento verso il sacro, inventando competenze e ruoli fortemente ritualizzati e istituzionalizzati, avocando a sé la gestione del rapporto con tutto ciò che si configura come misterioso e potente.”

Nella prima parte del libro troviamo l’esposizione di numerose dee: Iside, Inanna, Ua Zit, Maat, Hathor, Sekmet, Nut e molte altre ancora. A questo si affianca uno studio delle tradizioni aborigene australiane, rivelandoci la specificità del Tempo di Sogno e della Via dei Canti, e ancora i racconti sulle divinità delle antiche civiltà sudamericane e sul sacro in India e in Iran. Le storie si connettono fra loro e mettono in risalto quell’innata capacità di un linguaggio che ci avvicina alle cose, dove il confine tra realtà e dimensione trascendente si assottiglia a tal punto da diventare la totalità dell’esistenza, poiché il sacro femminile né è il punto d’unione. Si tratta quindi di comunicazione, si tratta quindi di un canale potente e obliato, infatti “l’immaginazione poetica non sarebbe affatto un’invenzione culturale umana, ma semplicemente la nostra reazione naturale agli stimoli che dalle cose arrivano a noi. In Occidente questa forma di pensiero è etichettata come mistica: si sospendono le categorie mentali e si accende un’altra via di accesso, alla comprensione; che ha a che fare con l’entrare in contatto, comprendere perché compresi.” Ancora una volta il linguaggio del femminile è il contatto profondo con il corpo e con gli elementi, è il rapporto con il sacro che è “la soglia tra umano e sovraumano, tra vita e morte, tra niente e vita.”

Nella seconda parte del libro l’autrice si concentra sul concetto di civiltà, poiché quello che ancora oggi chiamiamo preistoria è un tempo florido di culture ricchissime e semisconosciute, l’autrice ci racconta del lavoro svolto dall’archeologa Marija Gimbutas, dalla letterata Momolina Marconi e dall’antropologa Jane Ellen Harrison, che hanno dedicato la loro vita alla ricerca delle civiltà dimenticate, approdando a una scoperta di eccezionale valore, ovvero quella di ridisegnare il quadro delle vicende dell’Antica Europa prima, durante e dopo l’avvento dei popoli indoeuropei.

Questo libro è un viaggio verso le origini, un’esplorazione prima dell’avvento delle religioni storiche, un percorso che tocca le molteplici corde della dimensione del femminile, un sentiero di miti oscurati, i quali in qualche misura continuano ancora a risvegliare la nostra memoria arcaica, chiedendoci di riaffiorare.

 

 

 

 

 

Titolo: Oscure madri splendenti

Autrice: Luciana Percovich

Editore: Venexia

 

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