La figura del capitano Nemo è ben radicata nell’immaginario collettivo, poiché rappresenta una costellazione archetipica fondamentale. Nemo si compone di più aspetti: il giusto, il saggio, l’avventuriero, l’anarchico, il cercatore, l’uomo libero, l’indipendente. Siamo dunque in presenza di un mito che viene da lontano e che ricompare, di tanto in tanto, sotto mentite spoglie.
Perché oggi è importante mettersi in dialogo con Nemo? E perché questo misterioso personaggio continua a sfuggirci e affascinarci?
Andiamo a tirar fuori gli elementi salienti della sua storia, in particolare di quella fuoriuscita dalla penna di Jules Verne, perché il signor Nessuno, si sa, in letteratura esiste da sempre. Il Nemo di Ventimila leghe sotto i mari è un individuo di straordinario fascino. Una figura rivoluzionaria che spezza gli stereotipi, né eroe, né antieroe, e che quindi va al di là del conosciuto. Nemo è colui che si avventura oltre le forme definite. Le sfaccettature psicologiche del capitano mettono in crisi lo studioso Aronnax, prigioniero/ospite del Nautilus, il quale ne è ammaliato e nello stesso tempo turbato. La perplessità di Aronnax, latore di una morale borghese e civile, è disciolta dall’ineguagliabile energia del suo interlocutore. Il capitano non si lascia mai comprendere, né approfondire. Non conosciamo la sua identità, né la sua nazionalità. Non sappiamo quale sia la sua meta, né il suo piano. Il suo scopo. Conosciamo la sua scelta. Sappiamo che ha in odio tutti i tiranni della terra, tutti senza alcuna distinzione di sorta, sappiamo che è un fuorilegge, perché vive al di sopra delle leggi. Sappiamo che un giorno, a causa di un evento del suo passato, decise di abbandonare la terraferma e di vivere in mare.
“Il mare non appartiene ai despoti, che possono solo esercitare alla sua superficie diritti iniqui e battersi, e divorarsi, e trasportarvi tutti gli orrori della terra, ma a trenta piedi sotto il suo livello il loro potere cessa, la loro influenza si estingue, tutta la loro potenza svanisce! Ah signore vivete in mezzo ai mari! Qui soltanto è indipendenza, qui non riconosco padroni, qui sono libero!” si esprime con queste parole, il capitano, in uno dei suoi slanci entusiastici e appassionati. In tutto in romanzo il concetto di libertà salta fuori continuamente come qualcosa di incomprensibile e plurivoco, tutti i personaggi lo esperimentano in modi differenti. Nemo è un individuo eccentrico, dotato di carisma. È uno scienziato e un esploratore, le sue riflessioni incantano e destabilizzano, la sua scelta estrema è oggetto di equivoci e confutazioni errate.
Nemo è l’ideatore e il costruttore di un veicolo formidabile, il Nautilus, un sommergibile nell’amniotico elemento connettivo che colma gran parte del pianeta terrestre. La nave sottomarina non è solo una casa mobile che si spinge verso luoghi ignoti, il Nautilus è soprattutto una potente metafora: uno strumento, un linguaggio, un’arca, un atteggiamento della mente. È il mezzo per esplorare e conoscere. Scoprire. Scoprire mondi geografici e psichici, esteriori e interiori, sapendo che questo specchiarsi di forme è la via verso la consapevolezza del Sé. Conosciamo poco Nemo, ma quel poco basta per comprendere che la sua ideologia, la curiosità del temerario, l’appassionata ricerca di colui che si spinge oltre le colonne d’Ercole, non è solo fame di conoscenza, è anche fame di coscienza.
È una rivoluzione misteriosa, ardita, imperscrutabile. È una rivoluzione che cerca Anima nelle profondità dislocate e sommerse, nei fondali del proprio Sé, nell’elemento femminile primigenio: l’acqua. Nemo non rinnega tutto il genere umano, rivendica la sua avversione ai tiranni, ma più volte dimostra di avere una purezza d’animo profondissima, quasi abissale. Il personaggio ha a cuore il paese degli oppressi, di coloro che sono schiacciati dal peso di un ordine sociale corrotto, di coloro che resi deboli scontano la pena dell’esclusione e finanche la morte. Il capitano è cosciente che il mare può offrire un’alternativa alle leggi ingiuste degli uomini. Un’alternativa che opera nel profondo. Il risveglio di tutte le possibilità sopite, una presa di coscienza individuale e collettiva.
Nemo è capace di riattivare una nuova configurazione del mondo. La via del mare è un ritorno all’essenziale, un ritorno al grande grembo primigenio, il grande Oceano. La dimensione della disobbedienza e della scoperta si manifestano attraverso una ricca simbologia geografica. Il capitano scopre che il mare può fornire ogni bene, può curare e proteggere. Può nutrire una mente pronta a rigenerarsi ed evolversi.
L’immenso continente acqueo viene percorso per lungo e per largo dall’avventuriero, l’esplorazione degli abissi lo conduce alla scoperta di grandi tesori. La riscoperta di una sapienza antica, di passaggi e civiltà dimenticate. Nelle profondità dell’immenso Oceano pulsa una vitalità sconosciuta, un ordine ancestrale di sottilissimi equilibri, una silente dimensione connessa allo scorrere e all’evolversi della vita biologica e psichica, antica e futura. L’abisso per Nemo rappresenta il ritorno all’essenziale. All’essenza. Non si tratta solo del grande inconscio collettivo, taciuto e rimosso, c’è dell’altro. Il grande Oceano è prima di tutto un luogo di passaggio, è l’utero da cui si è originata la vita. Ritornare al mare significa ritornare alla potenza creatrice, ritornare alle possibilità non ancora formate. Immergersi in mare è simbolicamente un atto di regressione, si ritorna al pre-formale e all’indifferenziato.
Il contatto con l’acqua è purificazione e rigenerazione. Dopo aver varcato le simboliche morti dell’esperienza, l’immersione e l’emersione sono letteralmente l’Iniziare: dopo l’apnea il respiro. Nell’acqua si ri-nasce quindi. L’importanza di comprendere i misteri del mare è legata all’importanza di comprendere i poteri creativi della vita. La sostanza fluida è simbolo di propensione al cambiamento, alla dinamicità, all’intuizione, all’immaginazione. Il flusso vitale è continuo, tutto si rimescola, tutto si trasforma.
Ripercorrere l’avventura di Nemo suscita un piacere immenso, gli scenari d’evasione di certa letteratura ci offrono dimensioni immaginali di grande potenza. La visione del ribelle Nemo si proietta nel mondo, e lo trasfigura. Leggere in trasparenza il suo pensiero è un ritorno alla conoscenza delle cose della natura. Il capitano riparte dall’elementale, dal fisico, e ne indaga le forme e i modi, le inclinazioni. E da lì varca la soglia: la sua ricerca non conosce limiti, il capitano è pronto a tuffarsi nella comprensione del totale. E sa che per farlo deve ricorrere all’elemento acqua, per ripulirsi e rivedere, e tra le righe reinterpretare.
Ventimila leghe è un romanzo di formazione tutt’ora in fieri, la formazione di una coscienza, o meglio, di una cosmogonia psichica. Nel romanzo ne sono illustrati i sintomi, gli effetti, le sfumature. La ricerca dell’altrove è la ricerca dell’altro, ma l’altro chi è? dove si trova? dove è diretto? e perché cercandolo mi trovo? Da tali suggestioni è facile comprendere che metterci in dialogo con il nostro segreto capitano interiore è l’avventura che vale la pena di sperimentare.
Graziana Garofalo