“La luce filtra tra le morbide onde della tenda che vibra lentamente al soffio di una piccola brezza, pneuma luminoso ammiccante un nuovo giorno. Il mio sonno è stato breve e pesante, con il corpo abbandonato sugli scritti di matematica di Euclide e di Archimede, e i commenti di Teone, mio padre. Il risveglio è stato simile all’emergere di un oceano di luce, ove filamenti di teorie sui numeri e su nuove geometrie s’intrecciavano veementi a segmenti ancor più scomposti dei miei pensieri… e lampi di folle passione travolgevano le mie fragili difese. Nuove concezioni sulle misure e forme del nostro mondo e laceranti richiami d’amore: non ero io che sognavo, ma ero il sogno di una divinità, di un demiurgo, di altre donne e uomini.”
A. Petta, A. Colavito, Ipazia