Il volto ha un’anima, i pittori del cinquecento lo sapevano bene. E sapevano anche che il dipinto di un volto era la sintesi, l’enigma compiuto sotto gli occhi: lo sguardo che vede se stesso. Ma cercare il vero attraverso il falso può essere un’arte pericolosa, può mostrare in una sola radente pennellata un oscuro segreto.
Protagonista del romanzo di George Perec è un falsario, Gaspard Winckler. Un pittore che al termine della sua affascinante carriera di mistificatore si lancia in una sfida impossibile: riprodurre un vero e proprio capolavoro contraffatto. Ma qualcosa non funziona. Gaspard deciderà di porre fine al suo lavoro uccidendo il ricco committente Anatole Madera. La crisi viene scatenata da Il Condottiero di Antonello da Messina, un ritratto di un ignoto, un volto nudo. Uno sguardo che esprime sicurezza, vigore, astuzia. Il volto di un uomo del Rinascimento, una coscienza forte e decisa, che accoglie in sé la pluridimensionalità del mondo.
Gaspard Winckler vorrebbe conquistare l’equilibrio rinascimentale, spingendosi ben oltre la riproduzione, seppur raffinata, delle tecniche e dello stile di Antonello. Prima di questa sfida, durante i dodici anni di lavoro e di contraffazioni, il falsario ha assunto numerose identità, è stato numerosi artisti, è riuscito a simulare alla perfezione le opere altrui, generando ‘un museo senz’anima e senza viscere’, ma con Il Condottiero qualcosa non funziona. Il ritratto dell’anonimo mercenario spacca la lastra di ghiaccio su cui Gaspard scivola da una vita, senza mai sprofondare, senza mai toccare ‘il contenuto’ dell’esistenza. Il falsario si ritrova a dipingere un volto-specchio che nasconde un’assenza, l’assenza celata sotto numerose maschere. Il condottiero riprodotto sulla sua tela ha risvegliato la sua coscienza, il confronto con il ritratto di Antonello ha smascherato l’artificio dell’artista, poiché quel dipinto v’è una sintesi, una presa di coscienza.
E di ‘storia di una presa di coscienza’ parlerà Perec riguardo a questo suo primo romanzo, rifiutato dall’editore Gallimard perché troppo denso di ‘goffaggini e chiacchiere’, e in realtà intelligente e ricco di slanci, probabilmente, come dice lo stesso autore, troppo prematuro per quei tempi. Siamo nel 1960 e il romanzo s’intitolava Gaspard pas mort. A trent’anni dalla morte dell’autore il dattiloscritto viene ritrovato e pubblicato. In Italia edito da Voland, con la traduzione di Ernesto Ferrero.
Il romanzo è in forma di soliloquio, un flusso di coscienza in cui il protagonista dialoga con se stesso, dandosi del tu, sdoppiandosi, frantumandosi, domandandosi continuamente ‘a cosa serve una coscienza’. La prima reazione alla visione del baratro è l’indagine su di sé, sul proprio vissuto. Gaspard cerca di ricordare i dodici anni spesi nell’attività di falsario, cerca di capire il perché, le motivazioni che lo hanno spinto verso questo percorso, vuole spiegazioni da se stesso, non le trova, ma sa che ricordare è un atto necessario ‘era per difendersi che la coscienza ricordava’. Quella di Perec è un’autoanalisi. Una ricostruzione dei fatti. Vita, arte, artifici e tecnica sembrano confondersi, e dietro di loro è il vuoto. La riflessione di Perec è vertiginosa.
In questo romanzo germinale ritroviamo tutta la produzione futura dello scrittore. La scrittura è densa, cresce a dismisura, si moltiplica, sembra autoalimentarsi. La lettura è fagocitante, iperbolica, non lascia scampo. Non lascia spazio, non ci sono vuoti, tutto è dominato dall’ horror vacui. La densità del romanzo non è data dalla trama, dai personaggi, dalle descrizioni, ma dallo sviluppo degli interrogativi, sempre più incalzanti e sempre più assoluti. In questo romanzo la descrizione delle cose, degli oggetti, non è ancora capillare e continua come ne La vita, istruzioni per l’uso, ma se ne sente già tutta la carica, soprattutto nella foga del protagonista che prova a scavare dentro di sé, attraverso le opere d’arte. Quello a cui ambiva Perec era di risvegliare l’ispirazione poetica attraverso l’artificiosità meccanica, il suo primo romanzo si presenta come il cuore del suo genio creativo, anzi sembra addirittura metterne a nudo i termini, il metodo e l’aspirazione.
Titolo: Il Condottiero
Autore: Georges Perec
Traduttore: E. Ferrero
Editore: Voland
Anno: 2012